
La Fashion Revolution non è terminata anzi quest’anno dopo essermi informata e aver visto il documentario The True Cost tutte le volte che vedo una maglietta esposta in una vetrina mi chiedo chi l’ha fatta.
Diciamo che faccio più fatica a ignorare il costo della sua produzione sia in termini di fatica umana sia in termini di origine del filato.
Così mi sono messa a cercare e ho trovato questo articolo molto interessante che spiega molto bene la differenza tra filati ecologici, biologici e tradizionali e ho anche scoperto che per quanto possa sembrare strano un filato ecologico può essere artificiale.
Il passo successivo è stato cercare chi vende filati certificati o comunque è attento alla provenienza del filato che è importante quanto il modo in cui è tinto il filato stesso. Io conoscevo Manos del Uruguay e Malabrigo marchi sudamericani attenti ai procedimenti di lavorazione delle materie prime e alla retribuzione dei loro lavoratori, ma ne ho scoperte altre le potete trovare indicate in questo articolo di Alice Twain e in questo post che è in inglese, ma non vi spaventate vi basterà scorrere per trovare i marchi consigliati.
Per quanto riguarda il mio lavoro finora sono stata molto attenta a non utilizzare mai fibre artificiali, ma esclusivamente lana, cotone, lino o alpaca e continuerò su questa strada ma facendo attenzione anche ai processi di lavorazione di queste fibre e alla loro provenienza.
Un esempio è Ida’s Sugar Lace di cui conosco l’alpaca e so che è un alpaca felice di alpaca e nuvole!